sabato 27 febbraio 2016

CONFERENZA 21 GENNAIO 2016. PROF.SSA TASSORELLI E DOTT.SSA VLACOS

Giovedì 21 gennaio ha avuto luogo il terzo incontro del ciclo I giovedì di A.M.P.R.A., sul tema Cefalea e Mindfulness. Prendersi cura attraverso la cura, che ha visto l’intervento abbinato della dott. Cristina Tassorelli, neurologa dell’istituto Mondino e Professore Associato di Neurologia presso il Dipartimento di Scienze Neurologiche e del Comportamento dell’Università degli Studi di Pavia, e della dott. Elena Vlacos, psicoterapeuta della Gestalt e vicepresidente di A.M.P.R.A., che è intervenuta in qualità di assistente del prof. Gherardo Amadei, autorevole esponente nazionale e internazionale della prospettiva di cura basata sulla Mindfulness, nonché amico della nostra associazione fin dai suoi esordi. 

Si è trattato di una serata all’insegna dell’informazione e dell’impostazione di un dialogo stimolante e fruttuoso fra visioni diverse e complementari della realtà dell’essere umano, che a partire dal fenomeno assai diffuso della cefalea nelle sue diverse manifestazioni, ha fornito preziosi spunti di riflessione sulla complessità dell’intero mente-corpo che ci costituisce, e sull’importanza di partire da questo presupposto per prendersi cura in modo appropriato e olistico di se stessi, in termini sia preventivi sia curativi.

La dott. Tassorelli ha delineato un quadro generale del fenomeno delle cefalee, con un linguaggio estremamente chiaro e sintetico, scientificamente rigoroso ma al contempo accessibile a un pubblico anche di profani. Attraverso un excursus descrittivo che ha toccato nella loro natura essenziale e differenziale le emicranie, le cefalee tensive, quelle a grappolo e con aura, la dott. Tassorelli è entrata nel vivo dell’argomento, in un contesto discorsivo che ha posto con efficacia l’accento sulla correlazione fra le componenti genetiche e organiche, quelle emozionali e quelle comportamentali legate agli stili di vita, che favoriscono nella loro co-occorrenza l’insorgere e la cronicità di queste forme patologiche. 
Particolarmente suggestivo l’esempio del mondo percettivo di una persona sofferente di cefalea con aura, attraverso la visione del dipinto prodotto da un artista durante un attacco di questo tipo. E’ un fenomeno, quello della cefalea con aura, di grande interesse e fascino scientifico in parte ancora da comprendere da parte della comunità scientifica, e questa esposizione ha costituito una incursione estremamente stimolante in quelle zone di intersezione fra ricerca scientifica basata su conoscenze neurofisiologiche e protocolli di ricerca sperimentali da un lato e mondo dell’esperienza soggettiva di coloro che vivono esperienze di sofferenza e disagio dall’altro.

Nell’intervento della dott. Tassorelli è stata proprio l’apertura a una visione che includa la ricerca, l’approccio della cura alla persona e l’educazione alla salute, derivante dalla sua esperienza scientifica e dalla sua sensibilità personale, che ha dato il la, senza soluzione di continuità, alla seconda parte della serata, nella quale è stato protagonista il tema della Mindfulness come pratica meditativa dalle grandi potenzialità ancora in larga parte da tradurre nella prassi clinica, oggetto del discorso della dott. Vlacos.

La Mindfulness è stata presentata nella sua specifica originalità, come una forma di pratica, piuttosto che una tecnica o uno strumento estrinseco da apprendere, cioè un approccio esperienziale che coinvolge direttamente la persona nella sua interezza e che va assimilato tramite una paziente e attenta disciplina.   
Il che implica il tema della responsabilità nel prendersi cura di sé, e l’assunzione di un maggiore controllo sulla propria vita anche di fronte a situazioni di dolore, attraverso una pratica che comporta un affinamento e intensificazione della percezione, un progressivo maggiore ascolto del proprio corpo e dei suoi segnali di disagio e disequilibrio fin dalla loro prima insorgenza. 

La delimitazione del perimetro della Mindfulness ha consentito di comprenderne la reale natura e di sgombrare il campo da equivoci e interpretazioni scorrette, come credere che sia una tecnica di rilassamento –anche se questo è un suo effetto secondario frequente, oppure un abbandono ai sentimentalismi o ancora un evitamento delle esperienze spiacevoli.
Al contrario, come ha spiegato Elena Vlacos, i principi ispiratori della pratica della Mindfulness sono l’attenzione non giudicante, esercitata con costanza e discriminazione rispetto ai vissuti corporei, emozionali e mentali, il che conduce progressivamente a un ampliamento di visione, ad ampio raggio, che travalica i confini abitudinari, come, per usare una metafora, se si togliesse il paraocchi a un cavallo finalmente libero di esplorare con maggiori possibilità il proprio contesto vitale, e al contempo una maggiore precisione e lucidità nella percezione e conoscenza del proprio corpo, della propria mente, degli altri e dell’ambiente in cui viviamo. 

Tali processi trovano peraltro convalida empirica nei risultati di protocolli scientifici derivanti da sperimentazioni svolte in tutto il mondo, che dimostrano l’efficacia della Mindfulness nella cura di disturbi cronici del dolore, oltre che della prevenzione di recidive per problemi anche fortemente invalidanti legati a stress, ansia, depressione.  

La pratica della Mindfulness si può svolgere in contesti formali da seduti, ma anche come meditazione sul movimento abbinata a esercizi Yoga, o come meditazione camminata, come proposto dal maestro di meditazione vietnamita Thich Nath Hanh, fino a costituirsi come atteggiamento permanente che si diffonde nell’intero ambito dell’esperienza della persona, arrivando così a informare anche le attività e  i gesti più piccoli della quotidianità.     


A conclusione dell’incontro è stato significativo trovare le due relatrici, la dott. Tassorelli e la dott. Vlacos, convergenti nel riconoscere la necessità di un approccio globale e integrato nella presa in carico di coloro che soffrono di cefalea cronica. Un approccio che includa prevenzione e cura, all’insegna di principi di fondo di rispetto della complessità della persona come realtà al contempo biologica, corporea, emozionale, cognitiva e relazionale. Nell’ottica di restituire un ruolo di maggiore consapevolezza e protagonismo alla persona sofferente, e di creare dimensioni di costruttiva collaborazione e alleanza fra medico e paziente.   

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