mercoledì 1 giugno 2016

L'associazione A.M.P.R.A. al Festival Armonia al Castello di Belgioioso

Castello di Belgioioso (PV)
2-5 giugno 2016

Corso massaggio infantile mamma-bebé

MASSAGGIO BIOENERGETICO DOLCE INFANTILE di Eva Reich
con Margherita Tosi (co-fondatrice e direttrice della scuola Centro Studi Eva Reich di Milano) e Elisabeth Chester (conduttrice di pratica bioenergetica).

Domenica 5 giugno ore 10-11
Festival Armonia - Castello di Belgioioso

Nato dalla ricerca di Wilhelm Reich è stato creato e diffuso da sua figlia Eva. Quella che si vive durante questo massaggio è una esperienza di contatto priva di parole che mette in connessione la nostra parte vigile e cosciente con quella profondamente silenziosa.
Il massaggio bioenergetico dolce o “massaggio a farfalla” nasce dall’evoluzione degli studi di Wilhelm Reich, scienziato e medico psicoanalista, da parte di sua figlia Eva, medico pediatra e ostetrica. Eva trovò che il massaggio bioenergetico dolce poteva aiutare il bambino, attraverso questo peculiare contatto amorevole, a recuperare l’unità corporea divisa da questi blocchi e a scioglierli, evitando il formarsi di quella che nell’adulto viene poi definita “corazza caratteriale”.
Il tocco leggero, così in contrasto con l’esperienza quotidiana che normalmente anima le nostre vite, è per lo più bene accetto, anche là dove la paura di contatto provoca reazioni di chiusura. Così come un’ostrica concede il suo svelarsi se la si sfiora e non se la si forza, così è più facile rilassarsi e aprirsi se si viene accarezzati dolcemente. 
Alle mamme, il massaggio viene insegnato e saranno loro ad eseguirlo sul loro bambino, guidate e accompagnate. Alle donne in gravidanza può essere praticato avendo una particolare attenzione nel modificarlo in modo che la posizione possa risultare comoda.

sabato 27 febbraio 2016

CONFERENZA 21 GENNAIO 2016. PROF.SSA TASSORELLI E DOTT.SSA VLACOS

Giovedì 21 gennaio ha avuto luogo il terzo incontro del ciclo I giovedì di A.M.P.R.A., sul tema Cefalea e Mindfulness. Prendersi cura attraverso la cura, che ha visto l’intervento abbinato della dott. Cristina Tassorelli, neurologa dell’istituto Mondino e Professore Associato di Neurologia presso il Dipartimento di Scienze Neurologiche e del Comportamento dell’Università degli Studi di Pavia, e della dott. Elena Vlacos, psicoterapeuta della Gestalt e vicepresidente di A.M.P.R.A., che è intervenuta in qualità di assistente del prof. Gherardo Amadei, autorevole esponente nazionale e internazionale della prospettiva di cura basata sulla Mindfulness, nonché amico della nostra associazione fin dai suoi esordi. 

Si è trattato di una serata all’insegna dell’informazione e dell’impostazione di un dialogo stimolante e fruttuoso fra visioni diverse e complementari della realtà dell’essere umano, che a partire dal fenomeno assai diffuso della cefalea nelle sue diverse manifestazioni, ha fornito preziosi spunti di riflessione sulla complessità dell’intero mente-corpo che ci costituisce, e sull’importanza di partire da questo presupposto per prendersi cura in modo appropriato e olistico di se stessi, in termini sia preventivi sia curativi.

La dott. Tassorelli ha delineato un quadro generale del fenomeno delle cefalee, con un linguaggio estremamente chiaro e sintetico, scientificamente rigoroso ma al contempo accessibile a un pubblico anche di profani. Attraverso un excursus descrittivo che ha toccato nella loro natura essenziale e differenziale le emicranie, le cefalee tensive, quelle a grappolo e con aura, la dott. Tassorelli è entrata nel vivo dell’argomento, in un contesto discorsivo che ha posto con efficacia l’accento sulla correlazione fra le componenti genetiche e organiche, quelle emozionali e quelle comportamentali legate agli stili di vita, che favoriscono nella loro co-occorrenza l’insorgere e la cronicità di queste forme patologiche. 
Particolarmente suggestivo l’esempio del mondo percettivo di una persona sofferente di cefalea con aura, attraverso la visione del dipinto prodotto da un artista durante un attacco di questo tipo. E’ un fenomeno, quello della cefalea con aura, di grande interesse e fascino scientifico in parte ancora da comprendere da parte della comunità scientifica, e questa esposizione ha costituito una incursione estremamente stimolante in quelle zone di intersezione fra ricerca scientifica basata su conoscenze neurofisiologiche e protocolli di ricerca sperimentali da un lato e mondo dell’esperienza soggettiva di coloro che vivono esperienze di sofferenza e disagio dall’altro.

Nell’intervento della dott. Tassorelli è stata proprio l’apertura a una visione che includa la ricerca, l’approccio della cura alla persona e l’educazione alla salute, derivante dalla sua esperienza scientifica e dalla sua sensibilità personale, che ha dato il la, senza soluzione di continuità, alla seconda parte della serata, nella quale è stato protagonista il tema della Mindfulness come pratica meditativa dalle grandi potenzialità ancora in larga parte da tradurre nella prassi clinica, oggetto del discorso della dott. Vlacos.

La Mindfulness è stata presentata nella sua specifica originalità, come una forma di pratica, piuttosto che una tecnica o uno strumento estrinseco da apprendere, cioè un approccio esperienziale che coinvolge direttamente la persona nella sua interezza e che va assimilato tramite una paziente e attenta disciplina.   
Il che implica il tema della responsabilità nel prendersi cura di sé, e l’assunzione di un maggiore controllo sulla propria vita anche di fronte a situazioni di dolore, attraverso una pratica che comporta un affinamento e intensificazione della percezione, un progressivo maggiore ascolto del proprio corpo e dei suoi segnali di disagio e disequilibrio fin dalla loro prima insorgenza. 

La delimitazione del perimetro della Mindfulness ha consentito di comprenderne la reale natura e di sgombrare il campo da equivoci e interpretazioni scorrette, come credere che sia una tecnica di rilassamento –anche se questo è un suo effetto secondario frequente, oppure un abbandono ai sentimentalismi o ancora un evitamento delle esperienze spiacevoli.
Al contrario, come ha spiegato Elena Vlacos, i principi ispiratori della pratica della Mindfulness sono l’attenzione non giudicante, esercitata con costanza e discriminazione rispetto ai vissuti corporei, emozionali e mentali, il che conduce progressivamente a un ampliamento di visione, ad ampio raggio, che travalica i confini abitudinari, come, per usare una metafora, se si togliesse il paraocchi a un cavallo finalmente libero di esplorare con maggiori possibilità il proprio contesto vitale, e al contempo una maggiore precisione e lucidità nella percezione e conoscenza del proprio corpo, della propria mente, degli altri e dell’ambiente in cui viviamo. 

Tali processi trovano peraltro convalida empirica nei risultati di protocolli scientifici derivanti da sperimentazioni svolte in tutto il mondo, che dimostrano l’efficacia della Mindfulness nella cura di disturbi cronici del dolore, oltre che della prevenzione di recidive per problemi anche fortemente invalidanti legati a stress, ansia, depressione.  

La pratica della Mindfulness si può svolgere in contesti formali da seduti, ma anche come meditazione sul movimento abbinata a esercizi Yoga, o come meditazione camminata, come proposto dal maestro di meditazione vietnamita Thich Nath Hanh, fino a costituirsi come atteggiamento permanente che si diffonde nell’intero ambito dell’esperienza della persona, arrivando così a informare anche le attività e  i gesti più piccoli della quotidianità.     


A conclusione dell’incontro è stato significativo trovare le due relatrici, la dott. Tassorelli e la dott. Vlacos, convergenti nel riconoscere la necessità di un approccio globale e integrato nella presa in carico di coloro che soffrono di cefalea cronica. Un approccio che includa prevenzione e cura, all’insegna di principi di fondo di rispetto della complessità della persona come realtà al contempo biologica, corporea, emozionale, cognitiva e relazionale. Nell’ottica di restituire un ruolo di maggiore consapevolezza e protagonismo alla persona sofferente, e di creare dimensioni di costruttiva collaborazione e alleanza fra medico e paziente.   

CONFERENZA 10 DICEMBRE 2015. PROF. FERRO

Il sogno come teatro della mente.
Prof. Antonino Ferro,
Psicoanalista e Presidente della SPI
Il titolo del secondo incontro del ciclo I giovedì di Ampra riecheggia la metafora del sogno come rappresentazione teatrale, che è stata utilizzata fra gli altri da un decano della psicoanalisi come Salomon Resnik, e che riprende quel paradigma teatrale che attraversa frequentemente, in modo più o meno sotterraneo, la meta psicologia freudiana.
La serata ha visto la presenza del prof. Antonino Ferro, attuale presidente della Società Psicoanalitica Italiana, che ha compiuto un interessante viaggio attraverso il mondo del sogno, in cui ha coinvolto come in presa diretta l’uditorio, attraverso un discorso fatto di suggestioni e pennellate impressionistiche che hanno toccato aspetti generali delle teorie psicoanalitiche attuali sul sogno e, last but not least, di immagini vivide ed evocative provenienti dal proprio ricco bagaglio di esperienze, sia vissute a titolo personale sia provenienti dalla pratica clinica.
E’ stato sottolineato che se il sogno rappresentava per Freud la via regia per l’inconscio, come sostenuto nell’Interpretazione dei sogni, l’attuale pensiero psicoanalitico guarda piuttosto alla dimensione onirica da una prospettiva significativamente differente, al contempo più ampia e meno perentoria nelle sue pretese interpretative.
Si è molto attenuato infatti l’atteggiamento decodificatore centrato su contenuti rimossi da riportare alla luce, evocato per esempio dalla metafora dell’analista come un novello Guglielmo Tell che mira alla mela scandendo le sue implacabili frecce interpretative su un bersaglio preciso.
Piuttosto oggi si tende in generale ad adottare un approccio che vyole accogliere nella loro realtà espressiva e ideativa più evidente le espressioni oniriche del paziente per così dire alla loro superficie. Il mutamento odierno di atteggiamento nei confronti dell’inconscio può allora essere descritto come un’evoluzione da un approccio più prepotente e invasivo tendente a espugnare una fortezza che fa resistenza, alla produzione di aperture che in qualche modo si creano da sé nel percorso terapeutico, per cui le manifestazioni dell’inconscio si manifestano come naturale risposta alla formazione di precondizioni adatte. L’atteggiamento psicoanalitico attuale è orientato proprio a costruire con pazienza, consapevolezza e appropriato senso del timing, condizioni tali per cui i processi inconsci e onirici che peraltro accompagnano costantemente anche la nostra esperienza diurna, si possano autodisvelare con un movimento spontaneo, di intrinseco sviluppo e maturazione.
Richiamandosi all’immagine di un esercizio della psicoanalisi di tipo minimalista, il prof. Ferro ha sottolineato l’importanza di una serie di principi ispiratori che informano nella sua prospettiva terapeutica l’approccio della cura, come l’attenzione e l’ascolto empatico, l’accento sulla dimensione relazionale in atto e sull’autenticità della presenza del terapeuta che si confronta con quella del paziente, pur nella necessaria dissimmetria dei ruoli. Fino all’obiettivo, come traguardo finale, del recupero per il paziente di un contatto con le emozioni presenti nella propria vita che sia sufficientemente buono, che le renda quindi tollerabili, anche nell’inevitabile saliscendi degli stati d’animo connesso alla precarietà costitutiva dell’esistenza umana.
Per rendere più evidente questa processualità è utile richiamare le metafore del cucinare e della digestione delle emozioni, che vanno adeguatamente elaborate in modo tale che la sensorialità che ci inonda durante l’esperienza quotidiana sia trasformata in modo appropriato, lungo determinati percorsi che permettano di integrare i contenuti assorbiti in una dimensione coerente e dotata di senso.
Il progresso nella direzione della cura è allora traducibile nel senso di una sempre maggiore integrazione e maneggio di un materiale emozionale inizialmente incontenibile e potenzialmente distruttivo, non tollerabile, ma in seguito progressivamente più addomesticato, metabolizzato e assimilato in modo integrato nella vita della persona.
L’inconscio si presenta in questo senso come una potenzialità ineludibile, in perenne divenire, che si rinnova e co-costruisce giorno per giorno nelle dinamiche che nella vita individuale incrociano le traiettorie della proprio mondo interno con l’incontro con l’altro da sé
A tale riguardo il sogno va considerato come essenzialmente un racconto del sogno, in quanto rimanda sempre a una relazione in cui si inscrive il ricordo del sogno, sempre raccontato a qualcuno, a cominciare da se stessi. La psicoanalisi in questa prospettiva si situa oggi al livello dei processi, della facilitazione e sviluppo della capacità di pensare, di ritessere in una trama narrativa coerente il bagaglio di stimolazioni sensoriali e di immagini cui l’essere umano è esposto.
Infine, nella prospettiva di una psicoanalisi postfreudiana di matrice bioniana occorre ricordare lo sfondo dell’operare dell’inconscio nella nostra vita, dove si può rilevare una dinamica di parallelismo e intreccio tra il fare che caratterizza la nostra esperienza di veglia, durante il giorno, e il sognare, in termini emozionali e immaginativi, quello che stiamo facendo. Si tratta di un circolo di influenze reciproche, che estende decisamente l’influenza del regime onirico della mente alla vita diurna. Tale affascinante intreccio ha preso corpo significativamente anche nel corso della serata trascorsa in compagnia del prof. Ferro, con l’emergenza, durante l’ascolto delle storie di sogni, di curiose corrispondenze fra temi esposti ed emozioni emergenti nell’oratore e nei presenti. Il che ha consentito di evocare in modo esperienziale l’abbozzo di una visione più ampia e multidimensionale del nostro essere e stare nell’esperienza in cui viviamo.

CONFERENZA 19 NOVEMBRE 2015. PROF. ZERBETTO

Giovedì 19 novembre 2015 è iniziato a Pavia nel suggestivo scenario settecentesco dell’Oratorio dei ss. Quirico e Giulitta, adiacente al palazzo del Comune, il ciclo di incontri serali organizzati dall’associazione A.M.P.R.A., Associazione di Medicina e Psicologia per la Ricerca-Azione, di cui sono cofondatori e animatori gli ex allievi del CSTG Elena Vlacos e Patrizio Sisto, insieme al collega Luigi Collivasone.
Il ciclo è dedicato a temi che coinvolgono da svariati angoli prospettici la psiche, il pensiero, le emozioni in rapporto alla nostra quotidianità e al momento storico attuale, e si è inaugurato con l’intervento del Prof. Riccardo Zerbetto che ha svolto uno stimolante discorso dal titolo Perls, Jung e Hillman. Rispecchiamenti archetipici nel lavoro gestaltico sul qui e ora.
Di fronte a un pubblico eterogeneo, composto sia di addetti ai lavori sia di semplici cittadini interessati all’iniziativa, estremamente attento e partecipe lungo tutto il corso dell’esposizione, il Prof Zerbetto ha proposto un viaggio coinvolgente nel mondo affascinante degli archetipi, incrociandolo con il valore dell’approccio gestaltico centrato sulla piena presenza e la consapevolezza radicata nel presente.
La conferenza si è snodata in modo fluido e agile, attraverso il costante richiamo a riferimenti mitologici della Grecia classica, a cominciare dal mito di Edipo, e la chiamata in causa di categorie del pensiero psicoanalitico, per approdare al tema della pluralità identitaria che ci costituisce, al valore dell’esperienza del momento presente e del lavoro gestaltico sui sogni. Il dreamwork gestaltico ha trovato infine un’esemplificazione concreta nella fase conclusiva dell’incontro, prendendo spunto dal materiale vivo proposto dai partecipanti, con una originale ripresa e attualizzazione dei concetti precedentemente esposti, mostrandone i risvolti conoscitivi e trasformativi.
Il ciclo di incontri pavesi dell’associazione A.M.P.R.A. ha così preso il via nel modo migliore, grazie all’esposizione del Prof. Zerbetto, che ha incarnato in modo estremamente chiaro e suggestivo e rigoroso i presupposti di leggerezza ed esattezza che vogliono ispirare l’intera rassegna, nel richiamo al manifesto proposto da Italo Calvino nelle sue Lezioni Americane per il millennio che stiamo vivendo.

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