sabato 27 febbraio 2016

CONFERENZA 10 DICEMBRE 2015. PROF. FERRO

Il sogno come teatro della mente.
Prof. Antonino Ferro,
Psicoanalista e Presidente della SPI
Il titolo del secondo incontro del ciclo I giovedì di Ampra riecheggia la metafora del sogno come rappresentazione teatrale, che è stata utilizzata fra gli altri da un decano della psicoanalisi come Salomon Resnik, e che riprende quel paradigma teatrale che attraversa frequentemente, in modo più o meno sotterraneo, la meta psicologia freudiana.
La serata ha visto la presenza del prof. Antonino Ferro, attuale presidente della Società Psicoanalitica Italiana, che ha compiuto un interessante viaggio attraverso il mondo del sogno, in cui ha coinvolto come in presa diretta l’uditorio, attraverso un discorso fatto di suggestioni e pennellate impressionistiche che hanno toccato aspetti generali delle teorie psicoanalitiche attuali sul sogno e, last but not least, di immagini vivide ed evocative provenienti dal proprio ricco bagaglio di esperienze, sia vissute a titolo personale sia provenienti dalla pratica clinica.
E’ stato sottolineato che se il sogno rappresentava per Freud la via regia per l’inconscio, come sostenuto nell’Interpretazione dei sogni, l’attuale pensiero psicoanalitico guarda piuttosto alla dimensione onirica da una prospettiva significativamente differente, al contempo più ampia e meno perentoria nelle sue pretese interpretative.
Si è molto attenuato infatti l’atteggiamento decodificatore centrato su contenuti rimossi da riportare alla luce, evocato per esempio dalla metafora dell’analista come un novello Guglielmo Tell che mira alla mela scandendo le sue implacabili frecce interpretative su un bersaglio preciso.
Piuttosto oggi si tende in generale ad adottare un approccio che vyole accogliere nella loro realtà espressiva e ideativa più evidente le espressioni oniriche del paziente per così dire alla loro superficie. Il mutamento odierno di atteggiamento nei confronti dell’inconscio può allora essere descritto come un’evoluzione da un approccio più prepotente e invasivo tendente a espugnare una fortezza che fa resistenza, alla produzione di aperture che in qualche modo si creano da sé nel percorso terapeutico, per cui le manifestazioni dell’inconscio si manifestano come naturale risposta alla formazione di precondizioni adatte. L’atteggiamento psicoanalitico attuale è orientato proprio a costruire con pazienza, consapevolezza e appropriato senso del timing, condizioni tali per cui i processi inconsci e onirici che peraltro accompagnano costantemente anche la nostra esperienza diurna, si possano autodisvelare con un movimento spontaneo, di intrinseco sviluppo e maturazione.
Richiamandosi all’immagine di un esercizio della psicoanalisi di tipo minimalista, il prof. Ferro ha sottolineato l’importanza di una serie di principi ispiratori che informano nella sua prospettiva terapeutica l’approccio della cura, come l’attenzione e l’ascolto empatico, l’accento sulla dimensione relazionale in atto e sull’autenticità della presenza del terapeuta che si confronta con quella del paziente, pur nella necessaria dissimmetria dei ruoli. Fino all’obiettivo, come traguardo finale, del recupero per il paziente di un contatto con le emozioni presenti nella propria vita che sia sufficientemente buono, che le renda quindi tollerabili, anche nell’inevitabile saliscendi degli stati d’animo connesso alla precarietà costitutiva dell’esistenza umana.
Per rendere più evidente questa processualità è utile richiamare le metafore del cucinare e della digestione delle emozioni, che vanno adeguatamente elaborate in modo tale che la sensorialità che ci inonda durante l’esperienza quotidiana sia trasformata in modo appropriato, lungo determinati percorsi che permettano di integrare i contenuti assorbiti in una dimensione coerente e dotata di senso.
Il progresso nella direzione della cura è allora traducibile nel senso di una sempre maggiore integrazione e maneggio di un materiale emozionale inizialmente incontenibile e potenzialmente distruttivo, non tollerabile, ma in seguito progressivamente più addomesticato, metabolizzato e assimilato in modo integrato nella vita della persona.
L’inconscio si presenta in questo senso come una potenzialità ineludibile, in perenne divenire, che si rinnova e co-costruisce giorno per giorno nelle dinamiche che nella vita individuale incrociano le traiettorie della proprio mondo interno con l’incontro con l’altro da sé
A tale riguardo il sogno va considerato come essenzialmente un racconto del sogno, in quanto rimanda sempre a una relazione in cui si inscrive il ricordo del sogno, sempre raccontato a qualcuno, a cominciare da se stessi. La psicoanalisi in questa prospettiva si situa oggi al livello dei processi, della facilitazione e sviluppo della capacità di pensare, di ritessere in una trama narrativa coerente il bagaglio di stimolazioni sensoriali e di immagini cui l’essere umano è esposto.
Infine, nella prospettiva di una psicoanalisi postfreudiana di matrice bioniana occorre ricordare lo sfondo dell’operare dell’inconscio nella nostra vita, dove si può rilevare una dinamica di parallelismo e intreccio tra il fare che caratterizza la nostra esperienza di veglia, durante il giorno, e il sognare, in termini emozionali e immaginativi, quello che stiamo facendo. Si tratta di un circolo di influenze reciproche, che estende decisamente l’influenza del regime onirico della mente alla vita diurna. Tale affascinante intreccio ha preso corpo significativamente anche nel corso della serata trascorsa in compagnia del prof. Ferro, con l’emergenza, durante l’ascolto delle storie di sogni, di curiose corrispondenze fra temi esposti ed emozioni emergenti nell’oratore e nei presenti. Il che ha consentito di evocare in modo esperienziale l’abbozzo di una visione più ampia e multidimensionale del nostro essere e stare nell’esperienza in cui viviamo.

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